Partito dal laboratorio paterno, Maurizio Fusari si forma alla scuola di Giò Pomodoro, un mostro sacro dell’arte del ‘900 per il quale realizza prototipi, gioielli, pezzi unici e microsculture. Il talento del maestro, mai limitato alle sole capacità tecniche dallo stesso Giò, viene riconosciuto e valorizzato anche da altri artisti italiani di fama internazionale, come Fiume, Consagra, Aligi Sassu, e il maestro Galbusera con cui Fusari ha collaborato e collabora assiduamente.
NON È MODA, È TRADIZIONE, ARTE.
CIÒ CHE SI COSTRUISCE HA IL SAPORE DELL’ETERNITÀ.
Dal Guggenheim di New York, al museo del Diamante di Anversa e al Parlamento Europeo. Lo sviluppo di una propria firma era un passo inevitabile per Fusari, una naturale evoluzione umana e professionale. Le creazioni del maestro, negli anni, hanno conquistato sia istituzioni internazionali dell’arte e della cultura, che un mercato più ampio di privati alla ricerca di bellezza e valore che resistono al tempo.
“I Fusari, padre e figlio, di Graffignana in Padania, lontano dai gloriosi centri dell’artigianato “alto”, aristocratico, dell’arte orafa italiana, dalla città del Cellini, Firenze, sono chini sui crogiuoli e stanno seduti ore ed ore al banchetto, maneggiando e dando forma nobile all’oro, il metallo degli dei, come da tempi immemorabili hanno fatto sempre gli orafi. Oro, quello degli orafi, sottratto alla forma funebre del lingotto da banca, riscattato e liberato con amore, mai con brama, dalle mani del “ artifex”, l’artigiano artista. Arte gloriosa, quella orafa, perché produttrice degli emblemi e dei simboli della sacralità: cosi fu nel passato. Si ricorda il saccheggio del tesoro di Montezuma per mano dei bravacci di Cortez, fuso in crogiuoli e monetizzato in lingotti, o la bara aurea del faraone, al museo del Cairo, infinite opere di quest’arte sono andate perdute, ridotte sempre a lingotti dalla stupida avidità dei rapinatori. La grande metafora alchemica della trasmutazione del piombo in oro ha avuto nelle botteghe orafe presidi privilegiati da tempi remoti. L’oro, fuso nel crogiuolo, purificato, è un sole liquido, emanante una limpida e accecante luce nella quale si annulla la brama di possesso, che esalta e libera la creatività dell’artefice. Personalmente resterò sempre debitore di quegli orafi che , generosamente, mi iniziarono ad un viaggio straordinario, come equamente lo sarò anche nei confronti dei fonditori di bronzo e dei taglia pietre di Versilia. Con questi compagni di viaggio mai sarà interrotto il sodalizio, secondo le regole antichissime della solidarietà e dello scambio reciproco di competenze e capacità individuali, fra di loro interagenti, che , unite, producono le opere d’arte, dai gioielli alle sculture.
lungo sarebbe elencare i loro nomi, ma Giuseppe (il padre) e Maurizio (il figlio) Fusari fanno parte di questa lunga catena, di cui anche io , con tanti altri, sono parte.
Giò Pomodoro
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